«La vita è sofferenza» dice Buddha. La sofferenza è una delle quattro verità nobili nel buddismo. In Palì, la lingua buddista si chiama 'dukha'! La verità nobile significa la realtà della condizione umana che non possiamo evitare. Ma la dobbiamo fronteggiare senz'altro, certamente. La seconda verità dice la origine della sofferenza, che sono i nostri desideri. La terza verità è una buona notizia. C'è la possibilità per porre fine alla sofferenza. E la quarta verità è il metodo per porre fine la sofferenza. Il metodo consiste far cessare i nostri desideri.
Nel vangelo di oggi, Gesù non nega questa idea di sofferenza. Ma non ci dice di evitare le sofferenze; invece, egli ci invita ad accettare le sofferenze. Il suo invito è «venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, io vi darò ristoro». Allo stesso tempo, dice, «prendete il mio giogo sopra di voi.» La fede in Gesù non ci libera totalmente dalla sofferenza. Dobbiamo ancora prendere il nostro giogo.
Gesù ci invita a prendere il suo giogo sopra nostre spalle. La parola greca α̉́ρατε dal verbo base αίρω significa portare più che prendere. Nel Giudaismo l'espressione «portare il giogo» è usata per «sottomettersi». Quindi si riferisce a tanti gioghi: il giogo della legge, il giogo dei comandamenti, il giogo del regno, il giogo di Dio. Gesù ha usato la parola con il senso vicino a questi gioghi, ma può significare letteralmente, il giogo del bue.
Egli disse, «il mio giogo è dolce». La parola χρηστος per dolce si può significare anche adatto o appropriato. In Palestina i gioghi del bue erano fatti di legno e secondo la misura di ogni bue. E il giogo è costruito in modo che si adattasse esattamente al collo del bue. C'è una leggenda secondo la quale Gesù sapeva fare molto bene i gioghi. Molta gente andava da lui per comprarli. Quindi, si dice che sulla porta del suo negozio di carpentiere c'era una frase, in cui si leggeva «il mio giogo è adatto perfettamente o il mio giogo è quello che fa per voi».
È vero! Abbiamo dei gioghi che dobbiamo portare; comunque essi non sono pesi. Essi vanno bene per la nostra vita e per le nostre forze. Mentre abbiamo gioghi abbiamo anche la energia e la grazia per portarli.
Poi, Gesù disse anche, «il mio peso è leggero.» Che cosa fa il nostro peso leggero? Io credo che è l'amore che fa leggero il nostro peso. C'è una storia antica che ci dice un uomo incontrava un ragazzino che portava un altro ragazzino più piccolo di lui sulla sua schiena: «è un peso tropo pesante per te da portarlo» disse l'uomo. «No, non è peso» fu la risposta «lui è mio fratello, non è pesante.» Un peso che è stato dato nell'amore e portato nell'amore non è pesante.
Nel vangelo vediamo 3 verbi imperativi: venite, portate e imparate. Cosa dobbiamo imparare da Gesù? Egli disse, «imparate da me, che sono mite e umile di cuore». πραΰς mite significa anche premuroso, cioè una persona sempre pronta ad aiutare altri. Gesù è premuroso nei nostri confronti. Insomma, il suo cuore è amorevole. Quindi, dobbiamo imparare l'amore del suo cuore.
Soprattutto, dobbiamo andare a Gesù per imparare bene! Gesù ci invita, «venite a me»! accettiamo il suo invito, andiamo a lui e entriamo a contatto con la sua persona. Se viviamo e camminiamo con lui il nostro giogo andrà bene ed il nostro peso sarà leggero. Nella prima lettura il profeta Isaia rafforza questo pensiero: «quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi.»
9 Dicembre 2009
Testaccio - Roma
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